venerdì 6 dicembre 2013

La camera di sangue, ovvero Barbablù

"In città è considerato un personaggio romantico, avvolto dal mistero. Non ve le immaginate, le voci che circolano? È come se avesse programmato tutto per suscitare quell’effetto: l’accento, la ricchezza, l’aspetto fisico. Le donne lo ammirano da lontano, naturalmente, almeno così dice la mia governante. Gli uomini, invece, non tanto. Lo chiamano Barbablù." (La camera di sangue, Jane Nickerson)


Barbablù è una fiaba per l’infanzia tra le più spaventose, almeno per quanto mi riguarda. Da bambina mi affascinava e inquietava allo stesso tempo, con quel corridoio buio su cui si affacciavano porte proibite, che nascondevano terribili segreti. E quel mazzo di chiavi, che non potevano essere usate, ma che esercitavano sull’ignara moglie di Barbablù un irresistibile fascino. Chi ha letto il mio romanzo Le stanze buie saprà quanto questi elementi (la porta chiusa, le chiavi che rivelano sconcertanti verità, il fascino del proibito) siano temi a me molto cari, che non smettono di incuriosirmi.
(Per chi volesse rinfrescare la memoria, ecco la favola in tutta la sua terrificante bellezza: Barbablù)

Barbablù, è un uxoricida e un serial killer. C’è poco da stare allegri. Ma, allo stesso tempo, è un personaggio che trovo misterioso e complesso, con una natura ambigua e crudele, a tratti stranamente umana. Perché affida alla moglie un mazzo di chiavi chiedendole di non usarle? Vuole metterne alla prova la fedeltà o, semplicemente, avere un pretesto per disfarsi di lei? È un pazzo omicida, o ci sono motivi più profondi a muovere la sua sete di sangue?
Jane Nickerson cerca di rispondere a queste domande e riprende questa favola nel suo romanzo d’esordio, La camera di sangue, in libreria da qualche settimana. Capirete che non potevo non leggerlo!


Soddisfatta di questa rivisitazione? Nì.
La camera di sangue è un romanzo mediocre, con una narrazione zoppicante e, a tratti, fin troppo infantile. La storia, però, è intrigante.
Sophia Petheram, la protagonista, ha diciassette anni quando, dopo la morte del padre, va a vivere con il suo padrino e tutore legale, monsieur Bernard de Cressac, un ricco amico di famiglia. De Cressac è un uomo sulla quarantina, terribilmente affascinante, mostruosamente ricco e quattro volte vedovo. Tutte le sue defunte mogli avevano i capelli del colore delle foglie in autunno, come quelli della giovane Sophia. La ragazza, inizialmente, resta offuscata da tanta ricchezza e opulenza, dai modi galanti e affascinanti del suo padrino, un uomo che ha girato il mondo e che parla con uno stupendo accento francese (a me ha ricordato molto il Jean-Claude della Hamilton^^). Solo con il passare dei mesi inizierà a rendersi conto che qualcosa di torbido e malvagio è celato sotto all’oro e agli stucchi dell’immensa dimora di Monsieur de Cressac. E che lui stesso, dietro i modi affabili e premurosi, nasconde lati di sé sinistri e alquanto spaventosi…
Ambientato nel Sud degli stati uniti alla metà dell’Ottocento, La camera di sangue tocca temi interessanti come la condizione della donna e la fuga degli schiavi verso il Nord tramite la Ferrovia sotterranea, ma solo di sfuggita, e solo superficialmente. Anche i personaggi sono poco approfonditi e, a tratti, fin troppo contemporanei nel modo di parlare e negli atteggiamenti (soprattutto Sophia, molto più simile a un’adolescente dei giorni nostri che a una morigerata signorina vittoriana). De Cressac esce un po’ meglio, ma non buca la pagina come dovrebbe. È di certo un personaggio ricco di fascino, ma è un fascino un po’ greve, poco fine. Un uomo tanto furbo da riuscire ad assassinare tutte e quattro le mogli e a farla sempre franca avrebbe dovuto essere più sottile, secondo me. Più subdolo, ecco.
Insomma, poteva essere un romanzo grandioso, ma la scrittura lo penalizza un po' e anche l’elemento misterioso e inquietante passa in secondo piano, assorbito dalle descrizioni di vezzosi abiti e dalle, spesso frivole, considerazioni della protagonista. Il finale, poi, appare sbrigativo e troppo superficiale, pur mantenendosi perfettamente in linea con la favola. Peccato dunque, perché le intenzioni erano davvero ottime.
Tre stelline e mezzo. Una bella storia, ma poteva essere raccontata meglio.

LinkWithin

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...